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No a Prandelli!

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2017 23:44
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12/05/2016 10:01
 
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Procedo per punti:


1) sulla disposizione tattica del Cile in Coppa America, Drenai al solito ricorda molto bene.
Solo una piccola correzione sui due vertici del rombo: Marcelo Díaz – che giocava effettivamente nell’Amburgo, e lo ha anche salvato dalla prima retrocessione in Zweite Liga – si limitava al primo passaggio.
Per i piedi del “mago” Valdivia, una sorta di Liverani, passava tutta la manovra e non solo la verticalizzazione finale.
Stessa disposizione del duo Ledesma-Hernanes, insomma, ma distribuzione diversa dei compiti quando si trattava di costruire.
Segnalo, poi, la fondamentale presenza di Aránguiz come equilibratore tattico a tutto campo, capace di contribuire in ogni fase di gioco.
Notevole anche l’apporto offensivo dei terzini, coi vari Isla da una parte e Albornoz o Beausejour dall’altra in costante appoggio sulle fasce.
Va detto, però, che la necessità di proteggere il vero anello debole della squadra – la coppia centrale difensiva Medel-Jara – e l’obbligo di vincere a tutti i costi resero lo schieramento più prudente, e a baricentro basso, rispetto ai Mondiali e alle abitudini di Sampaoli.
Che rimane comunque un pragmatico, duttile e non troppo avventuroso in materia di moduli.
Conservando dal suo maestro Bielsa soprattutto la propensione per la qualità e il gioco palla a terra


2) Su Inzaghino ho ancora meno materiale di ML, dato che dal derby compreso in poi ho smesso di seguire le partite e sto meglio, ma le sue stesse sensazioni.
L’ex tecnico della Primavera restituisce una rassicurante impressione di buonsenso e lascia intuire un’idea di calcio intrigante, ma su di lui pesano due incognite.
Una riguarda il suo effettivo impatto su un gruppo da anni propenso all’autogestione, fattore che spiega in parte allenatori “mangiati dallo spogliatoio” e annate buttate al cesso.
L’altra non tanto i limiti temperamentali quanto, a mio avviso, la sua collocazione totalmente embedded rispetto alla società.
Laddove il successo del primo Petković fu dovuto anche al suo rappresentare, persino sul piano della comunicazione, un minimo di contraltare ai padroni del vapore


3) Incidono, poi, altri due fattori.
Il primo, mi sia consentito, di carattere geografico (e detto da uno che non ha origini centro-meridionali).
Il romagnolo Delio, il romagnolo Ballardini, il bisiaco Reja, l’emiliano Pioli, l’emiliano Inzaghi: li avesse scelti Bossi o ciò che ne rimane, forse si sarebbe attraversato più spesso il Rubicone.
Nulla contro le regioni e le popolazioni di cui sopra, alle quali va la mia massima stima: ma è un caso che il derby del 6 gennaio 2005, insieme al 26 maggio l’apice della gestione Lotito, sia venuto quando in panchina sedeva un toscanaccio assai più cazzuto sul piano caratteriale?
Il secondo, strettamente collegato, di carattere strategico-ambientale.
La prudenza rimane una grande qualità: ma di mediocri sicurezze, di soluzioni pseudo-collaudate, di rifiuto a priori per qualsiasi rischio la Lazio sta morendo lentamente.
Una sensazione esotica come Sampaoli, anche solo per la curiosità che può suscitare, getterebbe una sassata di vitalità e di calcio giocato in uno stagno sempre più depresso e malsano.
Ne abbiamo talmente bisogno che, stante l’inverosimiglianza di un Mazzarri o comunque di una certezza a più alto livello, un saltino nel buio risulta meno pericoloso rispetto alla prosecuzione dello status quo.
Tanto, se la situazione dovesse precipitare, col campionato falsato dalla formula a 20 squadre un minestraro in grado di evitare il peggio lo si trova sempre


4) ML ha indicato fra i possibili inconvenienti dell’allenatore sudamericano la scarsa conoscenza del contesto.
Del tutto d’accordo in termini teorici, ma a mio avviso occorre contestualizzare anche rispetto a un ambiente saturo, insidioso, che finisce per assorbire e neutralizzare chi tenta di venirci a patti.
Prendiamo Garcia: la sua forza è consistita nella fase iniziale in uno sguardo esterno rispetto alla città e al calcio italiano; la sua debolezza, che l’ha ottenebrato sul piano della lucidità e schiantato su quello nervoso, è consistita nello smarrimento della “giusta distanza”.
Certo, si potrebbe obiettare che anche Luigi Enrico scendeva da un’astronave, e alla fine ha fatto divertire solo noi.
Ma il catalano pagava l’atipicità dell’ambiente Barça, al di fuori del quale semplicemente non esiste, e un piglio da fondamentalista.
Mentre Sampaoli, come si diceva, sembra estraneo a limiti del genere


5) Riassumendo:

fra Prandelli e l’on. Razzi, l’on. Razzi
fra Inzaghi e Sampaoli, Sampaoli
fra Sampaoli e Mihajlović, Mihajlović


6) Il tutto fermo restando un punto: se la dirigenza non cambia atteggiamento, abbandonando il suo ineffabile laissez-faire, neppure un eventuale Mourinho avrà la possibilità di lavorare.
Ora come ora siamo una specie di piccolo Real, con giocatori presi senza nessun progetto di squadra, primedonne in serie e una società fra l’impassibile e l’inesistente sul piano disciplinare.
Un contesto nel quale, non a caso, anche il portoghese ha fallito miseramente

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