00 11/11/2017 03:09
BUFFON 6-Praticamente mai impegnato. Rischia un po’ in uscita bassa su Berg, anche se l’intervento è sul pallone e con ampio margine. Incolpevole e sfortunato sul gol.

BARZAGLI 5-Per sua fortuna Forsberg è più vivace che concreto, ma non lo prende praticamente mai. Età pensionabile a 67 anni anche per lui?

BONUCCI 5-Non c’è più, semplicemente, persino in impostazione. Fra i più ingenui nell’abboccare alle provocazioni (ah, la civiltà e la sportività nordiche...), anche se qualche botta la prende davvero. Non incide in nessuna fase di gioco. Il capolavoro nel finale: mentre la squadra attacca (si fa per dire) a pieno organico, lui rimane dietro come ultimo uomo. Vale a dire là dove si abbandona l’elemento dal minore contributo offensivo, e non è proprio il suo caso.

CHIELLINI 5.5-Un mezzo errore nel primo tempo, ma complessivamente uno fra i meno fuori partita. Scende sotto la sufficienza per gli errori imbarazzanti in impostazione: nessuno pretende giocate da regista, ma certe imprecisioni in appoggio sono da Irlanda del Nord. Chi ha avuto la cattiva idea di seguirne il tentativo di forcing finale contro la Svizzera sa di cosa si sta parlando.

CANDREVA 4-Spinge, porta palloni, appare fra i più positivi nel lavoro sulla destra: così la communis opinio. Rimane piuttosto la sensazione di un giocatore fra i più ottusi a memoria d’uomo. A conti fatti, cosa cava dalla sua presunta prestazione? Non un solo pallone utile, fra cross senza senso e corner che qualcuno ha la brillante idea di lasciargli battere. Un tiro nello specchio, anche se parecchio telefonato, nella sua classica azione da sinistra sugli sviluppi di un calcio d’angolo: troppo poco.

PAROLO 5-Tenta di surrogare De Rossi in copertura, si lancia in un paio di percussioni solo contro il mondo. Ininfluente a 360°: anche se, nel suo caso, l’inesistenza della squadra sembra più un’attenuante che una chiamata di correo.

DE ROSSI 3-Nel primo tempo la Svezia effettua tutti i tentativi dal perimetro, vale a dire la zona di sua competenza: assente ingiustificato. Soffre la fisicità di Berg, che francamente non sembra in possesso di molto altro. Fuori posizione, e quindi non solo sfortunato, sulla deviazione fatale. Non copre e, col suo ruolo non certo da regista, toglie anche un riferimento centrale per ripulire palloni contro il pressing svedese. La prossima testata sul naso in quel di Ostia la meriterebbe lui.

VERRATTI 1-Chi scrive ha incrociato raramente partite che ne giustifichino la fama, ma questa le batte tutte. Insulso portatore di palla, neppure troppo bravo nel trattenerla, brilla per entrate isteriche frutto di veri e propri raptus: che continuano dopo un’ammonizione evitabilissima, esponendo la squadra al rischio di una catastrofica inferiorità numerica in cambio di nulla. Se poi si trattava di un esame nei panni di leader, lo ha fallito in maniera roboante.

DARMIAN 4-Centra un palo sull’unica conclusione realmente pericolosa, d’accordo: poi? Puntuale sulla fascia, ancor più puntuale nell’attardarsi in dribbling farraginosi e finte cui non abboccherebbero le sagome in allenamento. Sui cross, con entrambi i piedi, meglio un caritatevole “io non c’ero, e se c’ero dormivo”. Un giorno qualcuno ci spiegherà la moda cretina di piazzare un destro a sinistra, e non certo per sfruttarne i rientri. Naturalmente l’idea che si cerchi di aumentarne il valore di mercato spostandolo in una posizione meno presidiata, e materializzando una mezza truffa ai danni del calcio come fatto tecnico, è solo una fantasia complottista.

IMMOBILE 4-Passare da Luis Alberto a Verratti sarebbe un problema anche per il compianto numero 14 arancione. Lui ci mette il resto giocando letteralmente a nascondino alle spalle dell’avversario. Non gli arrivano palloni, e se arrivassero non lo troverebbero. Irriconoscibile.

BELOTTI 4-C’era anche lui? Sì, per sbagliare sottorete un colpo di testa non impossibile con mezza porta spalancata, e non fare praticamente altro. Era proprio il caso di forzarne il recupero, con quel fisico e addirittura dal primo minuto?

ÉDER 2-Un ectoplasma, fra l’altro platealmente fuori forma. Toccherà un paio di palloni, e non diciamo come. Convocare qualcuno realmente in attività era troppo ovvio?

INSIGNE 1-Uno spezzone da schiaffi, nel quale si ingarbuglia in arabeschi involuti e sterili quando servirebbe concretezza: un altro che, quando si tratta di prendersi delle responsabilità, è preferibile lasciare davanti alla Tv. Ciliegina sulla torta nel dopopartita, in cui dichiara che gli altri hanno segnato ma l’Italia “ha fatto tanto”. La partita, lo conferma il campo, non l’ha giocata. E, lo confermano certi commenti, non l’ha neppure seguita. Ma allora come ha passato la serata svedese?


VENTURA 1-All’uomo che non è: altrimenti si sarebbe dimesso dopo Madrid, dove aveva perso in maniera definitiva il controllo dello spogliatoio, o dopo aver penosamente concluso il girone, sia pure col minimo sindacale del secondo posto e del ruolo di testa di serie nel sorteggio per i play-off.
Ai dirigenti che non ha, e che se esistessero avrebbero provveduto al posto suo prima dello scempio di ieri sera.
I suoi avvocati sosterranno che non è facile cavare qualcosa da undici tromboni sfiatati, senza dignità né idee.
Già, ma chi ha dato loro il “gioco” ammirato in Scandinavia?
Chi li ha convocati alla stregua di fedeli pretoriani – logica già discutibile – nonostante lo abbiano brutalmente scaricato?
Chi continua a ritenere i resti di De Rossi, per citare solo un nome, un imprescindibile riferimento di centrocampo?
Non che in giro abbondino i fenomeni: ma i vari Caldara, Falcinelli, Pellegrini, Cristante – nomi generici, per indicare la tipologia di giocatore – sono almeno in fase ascendente, sprizzano energia, hanno fame.
Davvero avrebbero fatto peggio degli ologrammi scesi in campo, e della cui esperienza – unico punto a loro favore – non ci si è davvero giovati?
Una proposta neppure troppo scherzosa: schierare al ritorno l’Under 21 di Gigi Di Biagio.
Quanto ha mostrato in termini di gioco e carattere basta e avanza per lasciare a casa gli antisportivi vichinghi.


ÇAKIR 3-I civilissimi nordici la mettono sul piano delle provocazioni al limite del Regolamento, quindi studiate e motivate come se fossero loro ad aver subito il celeberrimo “biscotto”.
E lui non fa l’arbitro: fa da palo, richiamando teatralmente i contendenti come se le responsabilità fossero sempre cinquanta e cinquanta.
Beninteso, dietro una designazione del genere c’è (o non c’è?) una Federcalcio: non si sa se più incapace o più menefreghista nel tutelare la Nazionale.