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Galatasaray Lazio

Ultimo Aggiornamento: 22/02/2016 09:15
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Post: 2.725
12/02/2016 14:30
 
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Non ero a Lazio-Napoli e quindi faccio fatica a capire una cosa. La reiterazione, nonostante gli annunci dall'altoparlante, che senso aveva? Sfregio nei confronti dei napoletani, visto che tanto la partita era già persa? Sfregio nei confronti dell'autorità, con cui c'è ormai una guerra permanente? Sfregio nei confronti della società, che non spende per i giocatori e così almeno qualche euro deve tirarlo fuori per forza?
In attesa di avere la risposta, un'altra domanda: si è capito se ci hanno chiuso curva e distinti per i cori contro i napoletani o per gli ululati a Koulibaly? Perché dal mio punto di vista non è la stessa cosa e quindi sarebbe importante capire anche questo. Io penso che le offese da stadio siano un peccato veniale, laddove quello mortale è la violenza fisica. Questo però non significa che tutte le offese siano tollerabili. Un limite deve pur esistere, e secondo me non può che essere rappresentato dalla storia: se alcune etnie, alcuni popoli o alcuni individui hanno subito delle persecuzioni o dei terribili lutti, è giusto essere più severi quando vengono offese perché ogni offesa riapre vecchie ferite. Nel caso di specie, dare della scimmia a un nero significa riaprire la ferita dello schiavismo, che sopravvive in una discriminazione ancora attuale. So perfettamente - perché anch'io qualche volta, in preda alla trance agonistica, ho ululato - che non necessariamente si tratta di razzismo (che se fosse veramente tale colpirebbe anche i nostri giocatori), ma non ha importanza. Si punisce la condotta in quanto tale, a prescindere dalle motivazioni, e mi pare giusto così. Sarebbe ancora più giusto se si utilizzasse sempre lo stesso metro con tutte le tifoserie, però non può neanche essere che siccome tutti rubano allora rubare va bene.
Utilizzando il criterio storico faccio molta più fatica a capire come mai tanta sensibilità nei confronti dei napoletani. L'eruzione del 79 d.C. mi pare sufficientemente lontana nel tempo per considerarla una ferita ancora attuale, mentre l'igiene personale non mi pare un punto sensibile come lo schiavismo di cui sopra, o l'Olocausto, o l'Heysel o roba del genere. Ci sarebbe l'epidemia di colera del 1973. Sarebbe interessante farsela raccontare da chi era lì all'epoca, ma in mancanza di fonti dirette cito un paio di testimonianze ufficiali. Paolo Cirino Pomicino: Io allora ero assessore ai cimiteri. Si disse che avessi fatto nascondere centinaia di corpi per nascondere la gravità dell’epidemia. Tutto falso naturalmente. I morti ci furono, ma pochi, mentre la città resistette con calma all’emergenza. Basti ricordare le ordinate file per la vaccinazione di massa. Paolo Mieli: Fu una enfatizzazione della realtà. Napoli agli occhi di molti si era trasformata in una Calcutta di Occidente. Fui mandato per raccontare la realtà di una città allo sbando. Invece i napoletani reagivano con calma all’epidemia di colera. Mi ricordo delle file ordinate per la vaccinazione di massa. Napoli è sempre stata vittima di una cattiva stampa e delle esagerazioni dei media.
Resta in piedi, in senso complessivo, solo la questione meridionale: il razzismo che ha accompagnato le migrazioni interne del dopoguerra purtroppo sopravvive; il sud del paese è ancora più povero del nord e del centro e da almeno un ventennio vi sono forze politiche che si battono contro l'unità nazionale. Ma questo però non riguarda solo Napoli e la Campania! Se si trattasse realmente di questo gli incitamenti per il Vesuvio peserebbero quanto quelli per l'Etna, "calabrese" detto a mo' di insulto, o "barese albanese" peserebbero quanto un "noi non siamo napoletani". Volendo allargare il punto di vista, dalla prospettiva di un settentrionale razzista un romano o un abruzzese non sono meno terroni di un napoletano: che dire allora di "pescarese nomade" o di tutti i cori contro la capitale, da "Osama Bin Laden / lancia un missile / distruggi tutta Roma / distruggila per noi" dei fiorentini a quelli fatti dagli stessi napoletani? Invece va a finire che ormai i settori si chiudono solo dopo le partite col Napoli. Pare che in tutte le altre 18 partite casalinghe le varie tifoserie siano irreprensibili, e che solo in occasione della partita stagionale col Napoli si lascino andare all'inciviltà. Se fosse quotata, non esiterei a giocarmi almeno 100 euro sulla chiusura della curva juventina nel prossimo turno di campionato, per dire...
Insomma, io trovo schizofrenico l'atteggiamento del napoletano medio. Che da un lato (come il romano medio, come il fiorentino medio, come un sacco di gente nel pianeta) è convinto di vivere nella città più bella del mondo, che spesso si ritiene simpatico - rectius: più simpatico degli altri! - proprio in quanto napoletano, e dall'altro fa la vittima neanche fosse nato nell'Africa nera, neanche se i suoi avi avessero subito deportazioni in campi di concentramento, neanche se negli stadi d'Italia fosse l'unico a essere insultato. Il romano è altrettanto pieno di sè, è insopportabilmente arrogante e si atteggia in modo patetico ascrivendosi meriti misteriosi per il fatto che 2000 anni fa eravamo la prima civiltà mondiale e per il fatto che oggi siamo la capitale di un paese non altrettanto glorioso, ma nella sua idiozia almeno è coerente: gli insulti degli altri lo toccano poco, perché lui pensa di guardare tutti dall'alto in basso e quindi non si offende. Anche perché è pigro, indolente, e quindi neanche fa lo sforzo di incazzarsi: "fai du' fatiche", come si suol dire.
In ultima analisi, trovo che questa severità a senso unico del giudice sportivo sia molto più razzista dei tifosi razzisti. Perché il tifoso ha una sua democrazia del razzismo, insulta i napoletani così come insulta i negri, gli ebrei, gli zingari, gli albanesi, i milanesi, i calabresi, i pelati, i nani, i ciccioni, i froci, i morti, i vivi e i malati terminali. Il giudice sportivo, invece, punendo solo gli insulti verso i napoletani, di fatto statuisce una loro (inesistente) diversità.
[Modificato da Mark Lenders (ML) 12/02/2016 14:56]

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