Djordjevic

Immagino che fra i detrattori troppo o troppo precocemente scatenati il mio nome sia in discreta evidenza, quindi intervengo per primo.
Intanto per ristabilire la verità dei fatti in merito alla finale di Coppa Italia: durante la quale, appena entrato, si ritrovò sui piedi il pallone della vittoria e non riuscì neppure a tirare in porta.
Ricordarlo come sfortunato protagonista di quel palo, durante un supplementare al quale senza l'errore di cui sopra non si sarebbe neppure arrivati, mi sembra oggettivamente inesatto.
Ciò premesso, credo occorra una distinzione.
L'anno scorso diede un buon contributo di corsa e sponde in una manovra offensiva che necessitava di parecchio lavoro sporco da parte del centroboa, per favorire le incursioni al tiro di esterni e centrocampisti.
La sua inefficacia sottorete emerse comunque, soprattutto quando occorreva capitalizzare la prima o una fra le poche occasioni per indirizzare la gara e portare a casa il risultato in una giornata di scarsa vena.
Fattore che ha inciso la sua parte nel mancato secondo posto, ma che non gli ha impedito di fornire un contributo almeno sul piano tattico.
Quest'anno la Lazio che giocava a memoria non c'è più, ci si aggrappa maggiormente agli spunti individuali e i suoi limiti, acuiti anche da una condizione approssimativa, hanno travolto gli argini.
Lasciamo stare l'inconsistenza sulle palle alte e i piedi così così per concentrarci su una componente fondamentale per un finalizzatore: i movimenti.
Quelli magari impercettibili e compiuti prima che arrivi il pallone, ma da cui dipende la possibilità di guadagnare un centimetro, di anticipare di una frazione di secondo, di aprire un varco, di creare una superiorità numerica.
Movimenti che possono fare la differenza nell'esito di un'azione, che può fare la differenza in una partita, che può fare la differenza in una stagione e avanti così, come nella Fiera dell'Est di Branduardi.
Ecco, in questo specifico fondamentale ricordo pochi giocatori non dico modesti, ma proprio negati come lui.
Ieri, comunque la squadra tentasse di attaccare, dal serbo veniva quasi sempre la scelta sbagliata in materia: al punto che in dieci, ma con più spazi in mezzo, forse avremmo impegnato maggiormente Leali.
E a uno così vorremmo affidare la responsabilità principale nel finalizzare la già asfittica e involuta manovra d'insieme?
All'atto pratico, è un giocatore volonteroso ma troppo poco incisivo, che non produce quasi nulla di concreto: quindi poco utile, se non in termini di puro facchinaggio, anche nei panni di alternativa o per un cambio in corsa.
Riceve uno stipendio, che incide in misura più o meno elevata su un monte ingaggi sorvegliatissimo.
E, oltre al celeberrimo titolare-titolare, ci serve almeno un altro elemento più determinante di lui.
Quindi, se ha offerte, già a gennaio ci si può salutare.
Senza rancore, perché sul piano dell'impegno non gli si può rimproverare nulla, ma senza rimpianti.