00 03/03/2016 11:02
Vista la puntata.
Che impietosamente conferma un fatto: l'uomo che trent'anni fa fece fare un salto nel futuro al calcio, non solo italiano, oggi vive nel passato.
Che il giovane imprenditore risoluto e determinato è diventato un vecchio politico, prigioniero dei suoi uomini, che lui stesso ha reso ricchi e potenti.
Che il primo Milan nacque grazie a grandi idee e a grandi capitali, il Milan di mezzo restò in vetta grazie al know-how e a grandi capitali, mentre l'ultimo non ha la forza di reinventarsi in base ai nuovi parametri finanziari.

Il Berlusconi presidente di calcio resta senz'altro la parte migliore di un personaggio che non ho mai detestato (se non in alcuni momenti, dopo certe uscite) ma che in compenso non mi ha nemmeno affascinato. Mai. Se di Agnelli ancora mi capita di riguardare le interviste (con Biagi, con Minoli) e di provare invidia per chi ce l'ha avuto come nonno, Berlusconi mi comunica altre cose: buonumore plastificato da convention Mediolanum, un orizzonte umano che è rimasto piccoloborghese nonostante i miliardi e un vuoto culturale che - mi sembra - lo porta a rimanere sulla superficie delle cose senza riuscire veramente a capirne l'essenza. Non è mai riuscito a passare dall'avere all'essere, questa è l'idea. E temo che sia un uomo solo, circondato da persone interessate solo al suo denaro. Che evidentemente è la sua unica ricchezza.
Ovviamente avrei ucciso e sarei ancora pronto a farlo per avere un presidente come lui: ricco, tifoso, e a suo tempo anche molto innovativo. Però avrei avuto con lui lo stesso limite empatico che ho avuto con Cragnotti, che del berlusconismo è stato un figlio legittimo. Per carità, magari averceli questi problemi. Però è proprio un'altra maniera di vedere e quindi di vivere il calcio, per cui sono abbastanza sicuro che quelli come Berlusconi e Cragnotti non provino quello che in certe situazioni ho provato io. Probabilmente è stata la loro forza, non dico di no, il punto è che non incarnano del tutto il mio ideale assoluto. Gli manca lo stile e gli manca una sincerità di fondo, la capacità - ogni tanto - di togliersi la maschera e di dire, di dirsi come stanno veramente le cose. Di provare almeno a capirlo, di provare a capire anche gli altri.
Per il suo Milan ho inevitabilmente simpatizzato quando ha spodestato l'insopportabile Napoli di Maradona, quando è andato a prendersi l'Europa con un calcio rivoluzionario, mentre da Capello in poi l'ho vissuto sempre più come una normalissima Juventus, con tanto di latrocinio nel 1998-99. Che rappresenta ancora un punto di non ritorno nei rapporti tra me e il Milan, al punto che a Milano, quando possibile, ho sempre tifato un po' più per l'Inter. Nettamente più umana, con i suoi rovesci e i suoi eccessi, e complessivamente molto più utile alla causa antiromanista di un Milan che in particolare nell'ultimo decennio ha avuto molte meno occasioni di rivalità diretta con le nostre merde rispetto alle altre due strisciate.
[Modificato da Mark Lenders (ML) 03/03/2016 11:06]