Pagelle Genoa-Lazio 2-3

STRAKOSHA 5.5-Un portiere di serie A – ma anche di categorie meno blasonate – non può prendere un gol come quello del 2-2, riducendosi alla trasparenza su un tiro centrale e non particolarmente violento. Si riscatta almeno in parte con un gran riflesso sulla conclusione aerea di Zukanović. Piccolo particolare: non rischia quasi mai la presa, neppure sulla punizione di M. Veloso annullata da un fallo su Murgia in barriera.
BASTOS 7-Battesimo del gol e prestazione difensiva di grande sostanza. Nella ripresa soffre un po’ per gli sbandamenti del reparto, ma senza particolari colpe sul piano individuale.
DE VRIJ 6-L’ammonizione è severa, a maggior ragione rispetto al metro adottato coi genoani, ma ingenua. Per il resto si nota più dopo la sua uscita che prima.
RADU 6-Qualche imprecisione ma senza gravi conseguenze, anche per la pochezza dell’avversario. Oscar della sfortuna sul gol, con un rimpallo alla Paolo Negro e una deviazione nella stessa azione.
BASTA 6-Tatticamente il migliore per larghi tratti della prima ora di gioco: perché, allora, una sufficienza stiracchiata? Intanto per il gol malamente sbagliato, che vanifica un bell’inserimento e un’azione di squadra dal sapore vagamente blaugrana. Poi per gli effetti pratici delle sue giocate: quasi nessuno. Mancano gli schemi sui cross, ma anche lui non brilla per precisione.
LUCAS LEIVA 6.5-Uno dei più forti interditori mai passati da queste parti, peccato che il ruolo di chi recupera palloni e non fa altro – neppure rigiocarli – stia sparendo dal calcio moderno. Male quando arretra e malissimo sul 2-2, ma lì le colpe vanno divise con chi l’ha schierato fuori ruolo.
MURGIA 6-Attaccante aggiunto negli inserimenti. Penalizzato dall’arbitraggio quando tenta di interdire, ma sull’uomo c’è sempre. Quasi nullo il contributo quando si tratta di impostare e palleggiare, col risultato di collegamenti spesso intermittenti fra difesa e centrocampo. Tenta tantissime cose, gliene riescono pochine. Da elogiare per l’applicazione e per i passi avanti, non ancora sufficienti ma intuibili.
LULIĆ 6-La gara gli offriva forse più spazio, ma non ne approfitta. Il solito, solo a più bassa intensità.
MILINKOVIĆ-SAVIĆ 6.5-Di positivo c’è la capacità di fare capolino negli highlights anche in una partita con parecchie pause. Di negativo la discontinuità, ma lì c’entrano verosimilmente il fisico e i tempi più lunghi per entrare in forma.
LUIS ALBERTO 6.5-Nel primo tempo le sue accelerazioni con scarico al centro o sulle fasce costituiscono il leitmotiv delle azioni offensive. Qualche imprecisione per lui insolita e il calo nella ripresa ne abbassano la quotazione, ma è sempre un bello spettacolo.
IMMOBILE 7-Per larghi tratti la sua prova meno brillante nella stagione, con troppe giocate spalle alla porta, una sensazione di momentaneo appannamento e un liscio non da lui sul cross di Marušić. Si riappropria della partita con una doppietta da rapace: sul primo gol il tiro è facile – ma non scontato, cfr. Lukaku – il movimento sul filo del fuorigioco un po’ meno. Per la sponda col palo interno gli arriverà la parcella di qualche cardiologo, ma la pagherà volentieri.
CAICEDO 6-Bene senza il pallone, un po’ meno col medesimo fra i piedi anche se sfiora il gol dopo essersi liberato di forza. Sembra avere il pregio di entrare bene in partita a freddo.
MARUŠIĆ 6.5-Più pericoloso il suo cross di tutti quelli messi in mezzo da Basta. Davanti non fa altro, dietro presta molta attenzione dopo le giostre olandesi.
LUKAKU 7-Il gol sbagliato, sia pure col piede sbagliato, è inconcepibile. Se però si parla di spaccare la partita, un impatto così immediato e devastante finisce direttamente fra gli annali della categoria. Molto meglio del solito anche in copertura.

INZAGHI 7-Partita dominata, quasi buttata e recuperata con troppo spreco di energie, ma con poche colpe specifiche da parte sua.
Cosa non piace? Intanto l’impostazione bassa, che soprattutto nel primo tempo regala palloni su palloni a un avversario imbelle quando non si tratta di picchiare.
Quando supera la metacampo la manovra scorre fluida, ma là dietro il vuoto lasciato da Biglia e Hoedt non è ancora stato riempito.
Non convince, inoltre, l’atteggiamento mostrato quando urgeva il secondo gol per blindare il risultato: gestire è una cosa, cincischiare un’altra.
In più l’arretramento di Leiva in terza linea appare azzardato, nel momento in cui i giocatori in campo permettevano soluzioni meno d’emergenza.
Cosa piace? La determinazione, a parte i suddetti passaggi a vuoto, nel portare a casa i tre punti, con tanti saluti al “buon pari” e alla mediocrità che sottintende.
La sicurezza con cui la squadra propone gioco nella parte centrale del campo.
La voglia di scuotere la partita e gli orizzonti di idee mostrati nei cambi, sia pure con qualche rischio di troppo.
Ma soprattutto la capacità di reazione del collettivo.
Un gol come quello di Pellegri, tra i più fortunosi ab immemorabili e segnato da una squadra che non aveva ancora tirato in porta, avrebbe steso un toro; e anche il secondo, come mazzata psicologica dopo il riconquistato vantaggio, non scherzava.
Invece i suoi barcollano ma si rialzano, dimostrando profondità di risorse e carattere quasi inesauribili: e non si ricordano moltissime Lazio con queste caratteristiche.