Pagelle Lazio-Napoli 0-3

STRAKOSHA 4-Prima, vera insufficienza stagionale. Le uscite sui primi due gol sono un capolavoro alla rovescia di indecisione ed errori di misura. Sul secondo, in particolare, evidenzia un certo timore dello scontro fisico: che, per un portiere, è l’equivalente di un dipendente delle pompe funebri con la paura dei morti. Una rondine non fa primavera, neanche in negativo: lavorare e tanto, tutto lì.
BASTOS 5.5-La sua prestazione ripete, in peggio, la traiettoria del derby di ritorno. Bene nel primo tempo, con riscontri importanti negli uno contro uno; cede nella ripresa, con un picco negativo sul secondo gol, anche perché meno protetto da Basta. Problemi di tenuta sui novanta minuti, senza i quali sarebbe indubbiamente un buon difensore.
WALLACE 4-Comprereste una macchina dal design accattivante, prestazioni potenzialmente notevoli e consumi interessanti, ma che da un momento all’altro esce di strada o vi lascia a piedi? No, appunto. L’approccio alla partita è quello giusto per applicazione ed equilibrio nella scelta delle giocate, senza eccedere in presunzione o titubanza. Peccato che i due svarioni, quello che rimette in gioco Mertens per il vantaggio – aprendo oltretutto una voragine – e quello sui cui immediati sviluppi Insigne arriva a un centimetro dal raddoppio, siano opera sua. Del tutto inaffidabile, soprattutto al centro.
RADU 4.5-La facilità con cui si fa prendere alle spalle suona come una condanna per un giocatore della sua esperienza, a maggior ragione se schierato nel suo ruolo quasi naturale. Doveva aggiungere qualcosa a un reparto acefalo, in pratica lo toglie.
BASTA 4-Non ne aveva per giocare dal primo minuto. Colpa soprattutto di chi lo ha messo in campo pur disponendo di alternative.
PAROLO 4-Sembra averne poco, e per giunta lo spende con poca sapienza. Cataldi avrà tutti i limiti del mondo: ma aver tolto un uomo a un reparto senza problemi di abbondanza, e senza ricavarne una reale contropartita, rimane un’idea poco felice.
MURGIA 4-Dovrebbe dare quasi tutto in costruzione, si ritrova a dare quasi tutto in interdizione: il settore in cui, come palesato nel finale del derby di ritorno in Coppa Italia, appare meno maturo rispetto al resto. Se ne riparla, comunque.
LUKAKU 6-Le sovrapposizioni ci sono, le giocate no. Comunque un patrimonio di energie da valorizzare in questo finale di stagione.
MILINKOVIĆ-SAVIĆ 6-Stanco e poco supportato per tessere una prestazione organica, prova a lasciare il segno con qualche accelerazione e, se la Lazio non attaccasse con un numero di effettivi troppo ridotto, forse ci riuscirebbe. Più che giustificato il calo alla distanza. Forse andava inserito nella ripresa, preferendo all’inizio un’alternativa di maggiore sostanza in fase difensiva: già, ma quale?
IMMOBILE s.v.-L’onore delle armi a chi non poteva essere in condizione di giocare: fin troppo professionale nel garantire comunque la presenza, trova persino una pregevole conclusione in acrobazia stoppata solo da un rimpallo abbastanza casuale. E un 1, di cuore, a chi gli lo ha lasciato senza alternative nel ruolo.
FELIPE ANDERSON 5-Gli spazi per combinare qualcosa ci sarebbero anche, appare meno prosciugato di altri, ma sono proprio concretezza e incisività a fargli difetto. Viene in mente quanto disse De Gaulle del suo Brasile: “È un Paese con grandi potenzialità. E lo sarà sempre”.
HOEDT 6.5-Pericoloso in avanti, spettacolare in alcune espirate sull’imprendibile Mertens, persino in campo aperto. Anche qui una replica del derby nella scarsa mobilità sul terzo gol: sembra soffrire assai più gli attacchi “a tergicristallo”, con cambi di fronte in laterale, rispetto a quelli ficcanti in velocità che per caratteristiche dovrebbero metterlo in croce. Strameritava, col senno di poi, il posto da titolare.
KEITA 5-Un’Idrolitina che aggiunge poche, effimere bollicine e lascia un sapore di fondo non proprio gradevole. Per la sua scarsa freddezza e lucidità davanti a Reina passa il bivio decisivo sulla strada che (non) porta a riaprire la partita.
PATRIC 6.5-L’attaccante più pericoloso, anche se l’improbabile salvataggio di Hysaj non è solo merito dell’albanese. Incomprensibile l’ostracismo nei suoi confronti come titolare dal primo minuto.

INZAGHI 5-Attenuanti chilometriche per l’impresa appena compiuta, la panchina corta, l’impossibilità materiale di riproporre l’intensità agonistica con la quale ha stroncato l’altra partenopea in Coppa Italia, un terzo posto che era lecito sognare ma che era troppo pretendere da questo gruppo.
Eppure ci mette del suo con un centrocampo troppo poco folto, soprattutto di fronte all’esigenza di proteggere la difesa; con la poca fiducia in Hoedt; con la riproposizione di Basta quando – a differenza del caso di Immobile – c’erano tutte le opzioni, da Patric a Lombardi, per sostituire chi non poteva offrire nulla dopo gli sforzi di martedì.
Due i buchi neri della gara: il calo indecifrabile di inizio ripresa, quando la squadra si scopre senza alzare il baricentro di un centimetro; la sterilità e la disorganizzazione negli ultimi venti metri anche quando, dopo il raddoppio subito, la squadra tira fuori determinazione e forcing.
La sensazione netta è che, con lui, un gol come il terzo non lo si vedrebbe neanche comprandogli in blocco l’attacco del Barcellona.