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Pagelle Lazio-Sassuolo 2-1

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2016 17:01
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30/10/2016 19:20
 
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MARCHETTI 6-Partita che ruota attorno a Defrel: grande riflesso sulla conclusione iniziale; uscita bassa sul gol che, come al solito, lascia mezza porta scoperta. A dir poco impreciso coi piedi, anche a causa dei compagni che lo cercano troppo spesso come se non ne conoscessero i limiti in materia.
BASTA 6-Le due imbucate con cui il Sassuolo sfiora il pari passano dalle sue parti: e pensare che proprio la diagonale a stringere al centro era fra le sue specialità. Meglio di Patric quando si propone, molto peggio dello spagnolo – perlomeno nell’ultimissima versione – in copertura.
WALLACE 6.5-Non è facile valutare il Principe del Disordine. Come generosità e come libero vecchio stampo meriterebbe un voto più alto: ma giocando a quattro bisogna tenere una posizione, che lui abbandona troppo di frequente. Quando è in anticipo e quando rigioca il pallone a volte cincischia, correndo rischi evitabili: riuscisse a rendere più pulite ed essenziali le proprie giocate, sarebbe già un grosso passo avanti.
HOEDT 6.5-A lui ordine e razionalità non mancano affatto: fosse anche veloce, si parlerebbe addirittura di un buon difensore. Stringe i denti ed esce alla distanza.
RADU 6.5-La cosa migliore è l’uscita dai blocchi che lo libera per “pettinare” il pallone a favore di Immobile. Così così nelle diagonali, si prende qualche responsabilità in avanti nelle fasi più bloccate. Oggi bene.
MILINKOVIĆ-SAVIĆ 6-Volonteroso e quantitativamente valido, ma come entra lui tutto diventa meno coeso e più farraginoso. Sta diventando una sorta di Hernanes, un lentigrado di qualità che però impedisce di schierare un centrocampo con un capo e una coda.
PAROLO 7-Sempre nel vivo, anche con qualche entrata decisa ma ben ponderata a scuotere una squadra a tratti tremebonda. Non è il regista in grado di ragionare, quindi non va schierato in quel ruolo per partite del genere.
LULIĆ 6.5-Mezzo voto in più per un gol fondamentale. È sempre al posto giusto, purtroppo coi piedi sbagliati.
FELIPE ANDERSON 7.5-Quando ara la linea di fondo con una percussione da fermo verrebbe da denudarsi e invadere il campo per l’esaltazione. A sprazzi, ma al momento giusto e incidendo in profondità sul match. Chi sostiene che sia più uomo-squadra anche rispetto al celeberrimo ciclo di partite ha probabilmente colto nel segno.
IMMOBILE 7-Gol facile, ma bisogna farsi trovare lì e lui c’è. Più razionale del solito nei movimenti, almeno finché non finisce praticamente all’ala: e quando riesce a crossare non c’è Immobile al centro. Strano, vero?
KEITA 6-L’assist del gol e qualche lampo nella solita partita da corpo estraneo. Serve un’alternativa.
BIGLIA 4-Uno spezzone indecoroso, con un paio di palle perse da brivido e una punizione calciata inspiegabilmente in fallo laterale, perdendo la possibilità di un prezioso possesso palla nel finale. La gestione della sua condizione fisica, problema comunque spinoso, non c’entra: oggi mancava proprio la testa, ed è l’ultimo a poterselo permettere.
MURGIA 6.5-Entra e conquista la punizione poi sprecata da Biglia: una giocata decisiva in un finale del genere, con la quale dimostra da solo più testa e freddezza di tutti quelli per cui ha fatto panchina. Gli assaggi sono ottimi, ora merita un pasto completo.
ĐORĐEVIĆ s.v.-Prende parecchie botte, segno che almeno si trova al posto giusto.

INZAGHI 5-Avversario sicuramente più rognoso rispetto al Cagliari, ma passo indietro comunque evidente.
Contro avversari chiusi, Immobile centravanti e Parolo regista scontano limiti strutturali.
In attacco non c’è alternativa, e non per colpa sua; a centrocampo sì, ma l’elemento di ruolo in grado di ragionare e dettare i ritmi (Murgia) rimane in panchina.
Disastrosa anche la “trapattonata” di togliere un attaccante, con la squadra che collassa su sé stessa regalando campo a un avversario sin lì faticosamente domato: in mancanza di meglio serviva da subito Đorđević, utile almeno a mantenere un po’ di pressione.
Come trait-d’union fra settore giovanile e prima squadra sta lavorando benissimo, ma quando serve un allenatore vero dimostra mancanza di polso e coraggio nell’osare.
Più dell’inesperienza, pensa la sua natura di guaglione fatt'a vecchio: come quei tipi che sono già democristiani a vent’anni.
Peggio: come Reja, del quale sembra davvero il nipote.
Bollini, nel periodo di affiancamento col goriziano, mostrò ben altra intraprendenza in materia di tattica: dati i precedenti con la Primavera – che lo rendono assai familiare ai giovani in rampa di lancio – e l’attuale (dis)occupazione, vale la pena di farci un pensierino.

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