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Il marito della Blasi

Ultimo Aggiornamento: 28/09/2016 16:11
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Post: 652
27/09/2016 17:05
 
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Re:
Mark Lenders (ML), 27/09/2016 15.03:




Articolo sapientemente malizioso per come affonda il bisturi in questioni cruciali nella loro cronaca recente (Storia no, quella li schifa e basta).
E non mi riferisco tanto alla querelle in corso col tecnico, quanto all' "invenzione" del fesso come centravanti:

1) si è sostenuto per anni che fosse l'interessato a pretendere di giocare in quel ruolo, mentre nel pezzo la paternità di tale intuizione spetta all'allenatore con cui è al momento in rotta

2) Un dubbio mai risolto, anche nel dibattito fra i loro supporters, in merito all'ultimo decennio: come centravanti atipico e adattato è stato un punto di forza?
O piuttosto una vera e propria tara per come ha impedito l'acquisto di una punta importante, che in coppia con un totty leggermente più arretrato o decentrato avrebbe aumentato - e in maniera forse determinante - il potenziale offensivo?

Direi che il pezzo, alla maniera di un Caio Gracco, lascia agli avversari i coltelli con cui scannarsi.

Per quanto mi riguarda, credo che il suo punto di forza sia stata la piena adattabilità ai profili tattici emersi nel post-sacchiano: seconda punta atipica, centrale nella linea dei tre dietro l'unica punta, esterno del tridente, vertice alto del rombo, centravanti adattato (con Spalletti) o arretrato (col primo Garcia).
Il tutto sostenuto da una fisicità che oggi ci appare scontata, ma che emerge chiaramente al confronto coi numeri 10 (Baggio, Zola, Del Piero) più o meno della sua generazione.
Un giocatore moderno, e capace di rimanere tale per un ventennio: in questo, gli va riconosciuto, non ha moltissimi termini di confronto.

Dopo di che: fu vera gloria? E sarebbe stata tale, o ancor maggiore, sottraendosi al rapporto ombelicale con l’ambientone?
No e no, senza il minimo dubbio.
Sulla prima domanda c’è poco da aggiungere a quanto si è scritto in questi anni; sulla seconda, occorre una distinzione.
Se si parla del potenziale tecnico e atletico, i numeri per fare bene ad alto e forse altissimo livello c’erano tutti.
Ma lì per lasciare tracce serve un’altra dote, della quale è sprovvisto in maniera decisiva: la personalità.
Sì, perché dietro la sua scorrettezza e i suoi atteggiamenti da coattello si nasconde un ragazzo fragile, sprovveduto, limitato, uno che per primo non crede nei propri mezzi e nella possibilità di farcela giocando pulito.
Oltre che un emerito cacasotto, in questo fra i peggiori in qualunque graduatoria.
Per sapere come sarebbe andata in una Juventus, basta ripercorrere le orme di quello che – dal battage mediatico all’inconsistenza caratteriale, passando per un culto personale ai danni della squadra – rimane il suo antesignano, vale a dire Roberto Baggio: collezionista di triplette contro provinciali più o meno compiacenti; più latitante di Provenzano non appena si faceva sul serio.

Un altro mito da sfatare, paradossalmente, è quello che riguarda la sua longevità: è stato gestito e tutelato come pochi, eppure già assai prima degli “anta” faticava a reggersi in piedi.
Se le botte su cui lacrimano i pennivendoli di regime le avesse prese sul serio, la sua carriera sarebbe durata come quella di Inzaghino o forse meno.
Se, per contro, il piano di tutela fosse stato applicato a un Vierchowod – quello sì un vero Highlander, e senza risparmiarsi – lo zar avrebbe giocato fino a 70 anni come Raimondo Vianello, ma in serie A.
A proposito di condizione atletica, un nome spicca fra i tecnici con cui ha lavorato: quello di Zeman, capace di tirarlo a lucido come nessun altro anche nella recente esperienza culminata con l’esonero, nonostante il fesso andasse già per i 36.
E anche allora il suddetto tornò ai propri ottuagenari ritmi subito dopo il cambio in panchina: un mago, il boemo, da assumere a vita come personal trainer? O forse l’unico con cui sia stato davvero costretto a lavorare?

Detta la mia, chiudo citando – purtroppo non fra virgolette, non avendo a disposizione gli originali – le due descrizioni più azzeccate in merito al personaggio.
Una la fornì un giornalista vero come Cannavò (quanto mi manca) in un corsivo velenoso, nel quale più o meno scriveva: fra qualche anno Ilary sarà sempre più bella, totty avrà cinque figli ma come calciatore rimarrà sostanzialmente un incompiuto.
Il motivo, secondo il compianto direttore della Rosea, era tutto nello “sguardo irridente” con cui affrontava campo e avversari.
L’altra è nelle parole di un personaggio umanamente non banale come Emílson Sánchez Cribari: gli altri ti guardano come un avversario, totty e Materazzi come un nemico.
Rimane poco altro da aggiungere su colui che, nel bene e nel male, ha superato tutti i limiti: tranne i suoi.
[Modificato da Er Matador 27/09/2016 17:17]

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