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E' stata una bella storia, Miro.

Ultimo Aggiornamento: 16/05/2016 13:00
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Post: 652
15/05/2016 22:15
 
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Ero fra quelli che al suo arrivo mettevano in preventivo il rischio "vacanze romane": semplicemente come spiegazione razionale per il divario incolmabile fra la carriera di Klose, sia pure giunta alla fase finale, e il livello della Lazio in cui approdava.
Ma pensavo che, di fronte all'irripetibile occasione di associare alla Nostra una simile leggenda vivente, ne valesse la pena.
E così è stato, per carità, ma lasciando sempre la sensazione che mancasse qualcosa.

Per me lo slesiano è il giocatore che contrappongo in maniera quasi ideologica ai vari Messi e CR7.
Da una parte gol a grappoli contro il Deportivo Cojones e splendide assenze quando c'è da fare la differenza in proprio; dall'altra magari un solo gol, ma di quelli che cambiano la storia del calcio.
Da una parte lustrini, pailettes e sponsor, più la truffaldina assegnazione alternata a tavolino dell'ex Pallone d'Oro; dall'altra tutto nel terreno di gioco per poi scomparire all'occhio dei media al di fuori di esso, ed è ciò che distingue uno sportivo da un personaggio dello spettacolo.
Un mito, un personaggio quasi paradigmatico per il mio "io sportivo": e, la dico tutta, lo sarebbe in maniera ancor più incondizionata se non avesse militato da noi.

No, non perché nessun uomo è grande per il proprio cameriere, vale a dire se visto da troppo vicino.
E neanche per il suo contributo tecnico più o meno all'altezza delle aspettative.
A tutti sarebbe piaciuto ritrovarsi un po' più spesso il mostro di Lecce-Lazio: dove vinse da solo mandando in gol Cana (Cana...) e chiudendo il match con una torsione aerea da Discobolo di Mirone, mentre la cosa informe - squadra sarebbe troppo - messa in campo dal goriziano veniva ridicolizzata dalla retrocedenda formazione di Cosmi.
Dobbiamo essere onesti, però: fosse stato ancora stabilmente a quei livelli, non avrebbe mai vestito la nostra maglia.

Eppure qualcosa è mancato, e me ne sono reso conto quando ha battuto il record di Ronaldo ai Mondiali.
Esultavo con la bava alla bocca come sportivo, perché Miro aveva sfrattato un videogioco riportando il calcio, quello vero, in una collocazione così prestigiosa.
Come laziale, percepivo a livello razionale l'irripetibile allineamento con quegli irraggiungibili pianeti: ma la cosa finiva lì, senza emozioni vere.
Come se quel Klose e quello che vestiva la casacca biancoceleste fossero due giocatori diversi.

Le ragioni di tanta freddezza da parte del sottoscritto sono verosimilmente due.
Una riguarda la puntuale subordinazione della Lazio alla sua Nazionale, quando si avvicinavano gli impegni con quest'ultima.
Un vulnus gravissimo non tanto per l'amor proprio del tifoso quanto per la professionalità, della quale Miro sembrava quasi un'incarnazione.
Come poco pofessionale o peggio, e scarsamente rispettoso nei confronti della sua stessa carriera, mi è apparso il continuare a percepire uno stipendio - peraltro assai lauto per i nostri parametri - quando la festa era palesemente finita.
Al punto da far sospettare una sorta di razzismo positivo nei suoi confronti: è tedesco, dalla testa ai piedi nonostante le origini per metà allogene, quindi serio.
E rimango convinto che un atteggiamento del genere, da parte di un singolo con meno credibilità personale e di diversa nazionalità, non sarebbe passato in cavalleria: pensate cosa si sarebbe detto di un brasiliano, sfiorando forse il razzismo non positivo.

L'altra ragione riguarda aspettative, quelle sì, piuttosto elevate.
Speravo che Klose, con tutte le differenze del caso fra i due contesti, potesse diventare una sorta di nuovo Mancini: magari irresistibile in campo solo a tratti, ma decisivo, insostituibile, una sorta di sine qua non nel portare mentalità vincente.
Alcuni suoi accenni alle grandi squadre e a ciò che mancava alla Lazio per diventarla, nelle rare e sempre soppesate parole, davano ossigeno a simili illusioni.
Eppure non è mai cambiato nulla nello spogliatoio mangia-allenatori, alla stregua di uno Zamparini collettivo, nella mancanza di personalità, nella tremarella in occasione dei salti di qualità.
Al punto che veniva da gridargli: perché ne parli coi giornalisti? Dillo nello spogliatoio!
Magari in tedesco o in polacco, ma fatti sentire: e invece nulla.
Tant'è che per i limiti umani e mentali, i più gravi di questa squadra e da anni, un jolly epocale come lui è passato senza neppure scalfirne la superficie.
Il che lo rende, almeno per me, non tanto meritevole di una sanzione a mente fredda quanto involontariamente, irrimediabilmente distante, come separato da un vetro.

E anche stasera, per quanto mi sforzi di ricordare la sua grandezza, i suoi meriti in quel di Formello, l'irripetibile privilegio di un campione del genere con la nostra maglia, mi ritrovo a salutare semplicemente uno che ha giocato più o meno bene nella Lazio.
Somebody that I used to know (cit.), non un idolo o un pezzo di cuore.
[Modificato da Er Matador 15/05/2016 22:44]

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