Alla vigilia del mercato, la Lazio partiva con una serie di precise esigenze:
1) una guida tecnica più autorevole e qualificata
2) Un vice Biglia, stante l’incapacità di schierare una squadra con un capo e una coda in assenza dell’argentino
3) Soluzioni concrete in più ruoli completamente scoperti
4) Come sottoinsieme del punto precedente, e con riferimento alle voragini nei ruoli di portiere e centravanti, soluzioni concrete per la strutturale difficoltà nel concretizzare in gol e punti il gioco prodotto
Al termine del mercato, quale fra i suddetti problemi può dirsi risolto? Presto detto: nessuno.
1) A giudizio di chi scrive, la casella in assoluto più importante: senza la quale il mercato giocatori diventava quasi pleonastico.
Con Bielsa si sperava di poter tornare a parlare di calcio: è andata male, per motivi che non sapremo mai, ma c’era tutto il tempo per puntare su un altro nome di livello.
Invece, in omaggio al consueto metodo Boateng-Yılmaz, si è rinnegata una buona intuizione cambiando completamente rotta.
E neppure in direzione del solito minestraro della mutua, ma addirittura con una reformatio in peius sul piano dell’esperienza, della credibilità di fronte allo spogliatoio, dell’autonomia nei confronti della società.
Andando letteralmente a riprendere dal cassonetto un non ancora allenatore già scartato, e con sacrosanta ragione, dagli stessi datori di lavoro
2) L’unico, ipotetico candidato è l’oggetto misterioso Leitner, che però appare già in corsa come erede di Onazi: ammesso che sappia difendere, è difficile immaginarlo sostituto di entrambi date le diverse caratteristiche dell’argentino e del nigeriano.
Serviva un Valdifiori, vale a dire una scelta di profilo non elevato ma con un minimo di solidità, e al suo posto rimane un punto interrogativo
3) La difesa, in attesa di sapere qualcosa su Wallace, appare assai meglio presidiata rispetto all’anno scorso; l’attacco, in compenso, è quasi completamente sguarnito.
Una coperta corta tirata all’indietro, insomma.
O, se si preferisce, una rimescolata al mazzo da volgare prestigiatore, senza che nulla cambi realmente
4) È arrivato Immobile, buon contropiedista che contro le difese chiuse – vale a dire almeno una buona metà delle gare – sembra aggiungere ben poco.
Per il resto si riparte da Marchetti e Đorđević, vale a dire da situazioni oltre il limite della regolarità tecnica
In un quadro già poco esaltante, emergono altre considerazioni a margine:
a) ammettiamo pure che la cessione di Onazi fosse necessaria e opportuna per questioni di bilancio, volontà del giocatore o che altro.
Bastava rimpiazzarlo con un interditore di ruolo, e neppure dotato delle celeberrime due fasi: forse il ruolo più generico e facilmente reperibile in questo sport, e invece non si è stati in grado di riempire nemmeno questo vuoto, se non con l’incerto profilo di Leitner.
Viene in mente lo sfogo di Pippo Franco in Giovannona coscialunga, quando l’azienda a cui si è rivolto gli recapita un travestito: “Avessi chiesto una traduttrice simultanea dal cinese... ma ho chiesto ‘na mignotta!”
b) Affaire Keita: i torti del giocatore e di chi lo manovra sono fuori discussione, ma altrettanto vale per gli immancabili, irredimibili errori di metodo nel gestire la situazione.
Il bimboscemo se ne vuole andare, e lo si sa da mesi? Si intende monetizzare la sua cessione, sperando che qualcuno ci caschi?
Benissimo: questioni del genere vanno pianificate ALL’INIZIO del calciomercato, per avere il tempo sia di trattare da una posizione di forza, senza essere presi per il collo causa chiusura dei lavori ormai imminente, sia di reinvestire in maniera non troppo frettolosa gli eventuali proventi.
Così ci si ritrova con una bomba fuori o dentro lo spogliatoio, a seconda del fatto che si opti per la messa fuori squadra o per il tentativo di reinserimento forzato nel gruppo.
E, quasi certamente, con un elemento assai poco utile alla causa
c) Si è speso, senza dubbio: ma come?
Un paio d’anni fa, e per cifre attorno ai sette milioni, arrivavano de Vrij e Biglia: nessuno poteva giurare sul loro rendimento, ma si trattava di elementi con un curriculum e un profilo tecnico almeno in parte delineati.
Negli ultimi mesi si sono registrate uscite della stessa entità, ma per prospetti tutti da scoprire e che in partenza non offrono particolari garanzie.
Esemplare, a tale riguardo, l’ultimo segmento del mercato.
Per un’incognita totale come Luis Alberto, la società ha messo subito sul tavolo 5+2 milioni, esborso non banale in rapporto alle sue finanze.
Per un elemento modesto ma non sconosciuto come Berisha, l’Atalanta ha puntato sulla formula del prestito: alla Lazio non vanno né un incasso immediato né, a quanto è dato sapere, un vantaggio – se non in termini di ipotetica prelazione “morale” – nella corsa a Sportiello.
Due domande: i prestiti, con esborsi differiti nel tempo, valgono solo per gli altri?
E soprattutto: quanto sopra rappresenta una gestione minimamente razionale di un budget limitato?
In concreto, ci si ritrova con un organico stracolmo di incognite, verosimilmente da parte destra della classifica, dal quale – per quanto ci si lambicchi coi moduli – è pressoché impossibile ricavare un undici senza almeno un paio di ruoli coperti in maniera puramente nominale.
E, cosa ancor più grave, si fa seguire a una stagione criminosa un ulteriore segnale di ridimensionamento, che abbassa ulteriormente il rating tecnico e societario.
Come dire che l’anno prossimo i giocatori faticheranno ancor più ad accettare la Lazio, e/o per farlo chiederanno ingaggi più elevati.
Come dire che, avanti di questo passo, il prossimo cretinetto punterà i piedini non tentato da Juventus o Inter ma semplicemente per andare al Chievo, che a quel punto rappresenterà un miglioramento sul piano professionale.
In definitiva, si conferma come l’attuale proprietà – stanti i meriti pregressi – abbia dato quel che poteva dare.
E come, anno dopo anno, se lo stia riprendendo.
Voto? Sul piano tecnico 4. Su quello strategico-gestionale 1.