Pagelle Cagliari-Lazio 2-2

STRAKOSHA 5-La traversa lo aiuta prima del colpo di grazia di Pavoletti; sulla scelleratezza di Luiz Felipe si aiuta, invece, da solo grazie a un’uscita bassa che accompagna Farias senza rischiare nulla anche sul piano delle apparenze, e con certi arbitri non è un dettaglio. Molto male nel “mia, tua, mia”, sempre col difensore brasiliano, che porta al “rigore”: colpe specifiche, perché lì tocca al portiere dirigere il traffico chiamando il pallone. Sul penalty riprende il vecchio vizio di buttarsi con troppo anticipo: e dire che in Coppa Italia ne aveva parati due rimanendo in piedi fino all’ultimo.

LUZI FELIPE 3-Meno responsabile di Strakosha nella circostanza di cui sopra; indifendibile sul mezzo retropassaggio di testa con cui lancia in porta Farias; ingenuo nel movimento su cui Guida inventa il rigore, anche se non sfiora neppure Pavoletti. Oltre alle personali responsabilità, tutto gli dà contro: reparto allo sbando, squadra sfilacciata, ruolo non suo che lo espone a movimenti per lui meno naturali rispetto a quelli del centrale. Nulla è perduto, ovviamente, ma dalla prossima torni nella posizione che gli compete, date anche le alternative.

DE VRIJ 4-Come se non ci fosse sul primo gol, poco meglio in troppe altre circostanze. Quando un giocatore non fa più parte del progetto tecnico, la testa lo segue.

RADU 5-Spesso sorpreso sul secondo palo e in difficoltà nel gioco aereo contro avversari non irresistibili, perde la calma che lo aiuta a stornare gran parte dei pericoli. Il meno peggio del reparto ancora una volta, ma alla sua peggiore stagionale.

BASTA 1-Per trovare un terzino saltato in maniera così ridicola bisogna riandare a Brechet, superato come un birillo da Tavano per il gol vincente di Rocchi (sì, lui) in un lontano Inter-Empoli. Ex giocatore sul piano fisico. Da centellinare nelle partite in cui serve esperienza, giusto per arrivare alla scadenza nel 2019.

PAROLO 5-Giocatore geometrico, non trova riferimenti in una squadra sfaldata. Ci prova, ma combina davvero poco.

LUCAS LEIVA 5.5-Propizia il pareggio, poi cala alla distanza e tutta la squadra ne soffre. Gestito in maniera scriteriata, in proprio ha davvero poche colpe.

LULIĆ 4.5-Nel reparto di oggi, lui e gli altri sembrano i carabinieri delle barzellette: uno non sa leggere, l’altro non sa scrivere. Paga il pessimo assortimento a livello di qualità individuale, che ne evidenzia i limiti, ma sbaglia davvero troppo.

LUKAKU 2-Inutile? No, dannoso. Il suo utilizzo dal primo minuto è di un’assurdità degna di un Ballardini.

LUIS ALBERTO 5-Poco ispirato; ancor meno assistito da compagni non solo grossolani coi piedi, ma che aspettano il passaggio da fermo senza mai dettarlo; lasciato a dirigere l’orchestra senza spartito causa la più assoluta mancanza di organizzazione di gioco. Se prendesse il pallone e se ne andasse a casa, ci sarebbe da capirlo.

IMMOBILE 6-Quando una prestazione quasi disastrosa si traduce in un rigore procurato e un gol inventato dal nulla, sia pure con modalità pressoché irripetibili, difficile dare un’insufficienza. Palloni giocabili, a proposito?

MILINKOVIĆ-SAVIĆ 5-Non si può pretendere che tiri sempre fuori il miracolo anche con poco tempo a disposizione, ma non aggiunge davvero nulla.

FELIPE ANDERSON 6.5-Parte carico, si complica la giornata fra palle perse e conclusioni sballate, recupera con un assist-gol a Nani e quello meno illuminante, ma comunque utile, per il 2-2. Come unica risorsa offensiva sostituisce di fatto il gioco di squadra, e non si può andare avanti così.

NANI 1-Quel gol sbagliato dovrebbe valere la restituzione dello stipendio. Tribuna fissa fino a fine stagione.


INZAGHI 1-Guida Giuda, i quattro amici al VAR: d’accordo, senza di loro il risultato sarebbe stato quasi sicuramente diverso.
Poi c’è l’analisi tecnico-tattica, e lì gli arbitri c’entrano poco.
Allena tutta la settimana Basta e Lukaku, ma non coglie le condizioni fisiche del primo e quelle tecniche del secondo: e sbagliare gli esterni nel modulo su cui si è fossilizzato equivale a preparare una caprese sbagliando pomodori e mozzarella.
Oltretutto, in un reparto che passava da Milinković-Savić a Lulić sul centro-sinistra, servivano mosse compensative per riportare un minimo di qualità: e invece ecco un centrocampo di tutti piedi ruvidi, con gli immancabili benefici per la manovra.
Il modulo, a proposito, ha mostrato la corda in ogni modo possibile contro squadre di scarpari chiusi a riccio, ma lui rimane l’unico a non essersene accorto.
Schemi e idee zero, se non coi soliti cambi a casaccio e l’immancabile gadget Nani a garantire inferiorità numerica.
Senza gli spunti individuali non si tira in porta neanche per sbaglio: e infatti Cragno, non fosse per un autogol e una prodezza fuori dal repertorio più una mezza dormita in proprio, potrebbe risparmiarsi la doccia.
Paga un organico inadeguato anche numericamente, ma ci mette del suo: spende tesori di energie contro la Juventus, nella gara da affrontare al minimo, e riserva le frattaglie alle partite europee da dentro o fuori dimostrandosi inadeguato a gestire tre impegni.
Oltre a presentare una squadra che, durante i rigori di Coppa Italia, tira fuori due volte dalla buca un avversario nettamente inferiore, non contenta di avergli segnato zero gol in 210 minuti.
Di fatto la sua conduzione tecnica è finita, e nel modo più inconsueto: con una sorta di autoesonero mentale che gli ha tolto spinta propulsiva, idee, coraggio, disponibilità a cambiare.
Avanti così la stagione finirà fuori da tutto, e con la prodezza di arrivare al di sotto del quarto posto in un campionato a tre squadre e mezza: sarebbe un fallimento pilotato dal Palazzo, ma comunque intollerabile.