Pagelle Genoa-Lazio 2-2

STRAKOSHA 5.5-Poco reattivo sul primo gol, con una conclusione del Cholito angolata ma non velocissima. Lascia il maggiore spazio possibile, in uscita e fra i pali, all’ex di turno. Si riscatta, sempre su di lui, con una parata da punti nel finale. Nel complesso non ci siamo.
BASTA 5.5-In chiara difficoltà difensiva, sale con discreta puntualità ma non ha lo sprint che metterebbe in difficoltà il Genoa sulla fascia in cui soffre maggiormente. Presenza sempre più misteriosa fra i titolari.
DE VRIJ 5.5-Quasi al livello di Hoedt su entrambi i gol. Per il resto bene come marcatore, impalpabile come dominante. Se vuole rendere il proprio addio tecnicamente indolore o quasi è sulla strada giusta.
HOEDT 4-Prendere gol di testa da uno che gli arriva non diciamo dove supera ogni limite. Colpevolissimo anche sul secondo gol. Forse valeva davvero la pena di inserire Wallace o Bastos e toglierlo dalla linea arretrata, dato che in costruzione ha fatto comunque il suo.
RADU 6-Qualche intuizione pregevole nelle percussioni palla al piede, peccato non abbia la continuità – e forse la forza – per insistere. Tranquillo in copertura.
PAROLO 5.5-Se arbitrasse un tesserato del Genoa, prenderebbe il rigore con espulsione in grado di svoltare la partita. Abbastanza presente in avanti, ma oggi era gara da sportellate a metacampo. E lì si rivela assente ingiustificato.
BIGLIA 6-Bravo nel rimanere sul pezzo dopo il rigore sbagliato, Capitano vero nel piazzarsi sotto la curva genoana al fianco di Immobile: l’astio verso l’ex ci sta, un’aggressione no. Impreciso ma in partita sul piano del temperamento. Come tira i rigori l’hanno capito anche in Nuova Caledonia: si pensa di farne il Candreva della situazione o si prova qualcun altro?
MILINKOVIĆ-SAVIĆ 5.5-Si sapeva che nel derby di Coppa Italia avesse dato tanto, ma non nel senso di aver finito le energie mentali. Scarsa concentrazione e giocate fumose di cui non rimane quasi nulla.
FELIPE ANDERSON 5-Quando non è in giornata, tanto vale arretrarlo come portatore d’acqua: con un’ispirazione così approssimativa, in avanti diventa addirittura dannoso. Cambio meritato.
IMMOBILE 4-Che sia stanco è comprensibile. Che riproponga la macchietta del centravanti a tutto campo, neanche fosse Hidegkuti, no. Quel poco che ha lo spenda nel cuore dell’area di rigore, dove oggi c’era il vuoto.
KEITA 6-Soffre come al solito dall’inizio, ma riesce a distribuire energie e giocate su un arco temporale accettabile. E, a parte qualche atteggiamento discutibile, trova un discreto equilibrio fra apatia e isterismo. Segnali di vita.
LOMBARDI 5.5-Spaccherebbe la partita se i suoi cross tesi e insidiosi trovassero qualcuno e se non buttasse in maniera scellerata – da Wallace offensivo, tanto è assurdo ciò che ha tentato – la palla del match: dopo la quale, ed è un’aggravante, sparisce anziché reagire. Sul gol sbagliato paga un vizio noto: quello di cercare giocate troppo difficili, pur non disponendo di piedi delicatissimi. Insistere, comunque, e con più minuti.
LUKAKU 5.5-Si ritrova soprattutto a difendere, e col modulo a quattro non è il suo mestiere. Neanche se si gioca a una porta sola, verrebbe da dire.
LUIS ALBERTO 7-Parabola inversa a quella di Lombardi, e anch’essa indice di fragilità psicologica: inconsistente fino a quel punto, esplode dopo il gol – peraltro di pregevolissima fattura – prendendosi a forza il centro del palcoscenico. Difficile che basti quella prodezza a sbloccarlo e renderlo meno evanescente, ma conviene crederci. Ah, una cosa: il meglio lo dà giocando centrale, non nei discutibili panni di vice-Keita.

INZAGHI 5.5-Bravissimo nel fronteggiare Maresca senza eccedere, ottenendo una tregua nel contesto di un arbitraggio alla Moreno.
Bravo nel trasmettere carattere e tenuta nervosa alla squadra, oggetto di pressioni che avrebbero legittimato un remake di Un giorno di ordinaria follia.
Dove proprio non va è sul piano tattico: nel riproporre lo stramaledetto 4-3-3, che danneggia reparti e singoli; nell’insistere a distanza ravvicinata su un Basta che ormai ha ritmi e tempi di recupero da vestito della festa; nello schierare una squadra che, per quanto produca gioco, dà l’impressione di non segnare neanche con le mani.
Cose già dette, purtroppo.