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15/03/2016 18:15 | |
Io molti ventenni di oggi li conosco e posso confermare il distacco maggiore con cui vivono il calcio, rispetto a come lo vivevamo noi, mentre sulle cause posso fare solo ipotesi speculative come le vostre. Alla domanda "è un bene, significa che sono più adulti e capaci di dare la giusta importanza al tifo nelle loro vite, oppure sono meno capaci di sognare e di provare emozioni, figli di un'epoca che è molto meno spensierata della nostra?”, tenderei a rispondere così: è un fatto (e probabilmente un bene) che diano la giusta importanza al tifo nelle loro vite, ma ciò non esclude il lato B della domanda, che ne è diretta conseguenza. L’aggettivo da incriminare secondo me è “giusta” importanza: per me l’aggettivo corretto è “meno” importanza, laddove la torta dell’importanza è diventata sconsideratamente maggiore, e allora le fette di importanza da destinare agli aspetti della vita devono essere necessariamente inferiori (non giusti o ingiusti). Il ché può inevitabilmente essere un bene e un male, dipende dall’oggetto cui destinare importanza. In linea generale immagino (immagino, non ne sono certo) che questa dinamica abbia aumentato la fruizione di cose frivole, e deturpato la destinazione media di passione che ognuno esercita. Ma la quota di passione da destinare immagino sia sempre la stessa, perché attiene alla persona, non alla generazione
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